Riportiamo l’articolo apparso il 6 settembre 2016 su Il Sole 24 Ore di Luca Iorfida (presidente della Fondazione Giuseppe Ferrero)
Ieri, 5 settembre 2016, si è verificata una rivolta nel carcere minorile di Benevento. I ragazzi avrebbero devastato diverse celle, ferendo due agenti, e adducendo motivazioni tutte da verificare. Ciò che non deve essere verificato è il reiterarsi di episodi simili. Echeggiano le dichiarazioni di Donato Capece, segretario generale del Sappe (Sindacato Autonomo di Polizia Penitenziaria): «il carcere è un’università del crimine». Lungi dal voler aprire una polemica nell’ambito del sistema penale minorile, bensì un dibattito costruttivo, ritengo che quanto accaduto in queste ore ci spinga a riconsiderare il ruolo educativo della pena.
Visto dall’esterno, sorge il dubbio che si stia svilendo il ruolo pedagogico e di recupero, portando avanti un istituto che non riesce ad andare oltre la comminazione e l’espiazione di una pena. Se è vero che le carceri minorili sono luoghi in cui si sommano i disagi, e possono diventare scuole di crimine attraverso la contaminazione ambientale, allora è lecito chiedersi se la nostra società desidera davvero che i propri figli frequentino una scuola simile.
Da alcuni mesi la nostra Fondazione ha preso a interrogarsi sull’esportabilità in Italia di un percorso alternativo alla detenzione, già avviato in diversi paesi europei, che contempla una sorta di “buon cammino”: il ragazzo o la ragazza percorre una lunga camminata (almeno 30 giorni), in compagnia di un educatore o un’educatrice (non per forza professionisti, ma anche volontari con esperienza nel sostegno al disagio minorile), che svolge il fondamentale ruolo di tutor. Non si tratta di una semplice misura alternativa alla detenzione, ma anche di un momento di redenzione sociale, di riflessione.
La Fondazione sarà presente al momento di confronto organizzato a Dresda nell’ambito del progetto europeo Erasmus e “Walking Transitions”, dal 13 al 15 settembre prossimo: la discussione con gli interlocutori istituzionali e con le associazioni italiane che hanno avuto la nostra stessa intuizione è appena avviata.
Si tratta di un cantiere, aperto a tutte le riflessioni ed alle rimodulazioni. Si tratta di un processo che dovrà essere migliorato rispetto alle iniziative già sperimentate (in cui manca infatti il necessario progetto successivo al percorso, con inserimento lavorativo ed autonomia abitativa). Si tratta di una finestra aperta su un futuro migliore.